Può la luce trasformarsi da strumento di visione a oggetto di visione? Può l’illuminazione urbana avere un impatto sociale? E come può la tecnologia IoT migliorare la vivibilità di una città? L’abbiamo chiesto al lighting designer François Migeon
L’illuminazione urbana ha sempre avuto la funzione di rendere visibile la città nelle ore di buio per migliorare la sicurezza e la fruibilità dello spazio pubblico anche durante la notte. Possono le luci della città essere non solo strumentali alla visione ma anche oggetto della visione?
In effetti il tema dell’illuminazione corrisponde al tema della notte associata all’urbanità, quindi alla vita della città. Per molto tempo la risposta all’esigenza di illuminare la città è stata puramente tecnica; oggi invece si presta maggiore attenzione all’atmosfera notturna. L’aspetto della sicurezza rimane molto importante, anche se sicurezza e fruibilità non vanno sempre di pari passo. Il ruolo del lighting designer è quello di trovare il fragile equilibrio tra questi due assiomi, stabilendo principi in cui la qualità della luce deve essere il primo elemento percepito, e generare, attraverso questa ricerca qualitativa, una sensazione di sicurezza.
Oggi la città sta diventando sempre di più un luogo di sperimentazione, nuove applicazioni sono state introdotte negli ultimi anni e consentire di vedere la città di notte grazie ai progetti illuminotecnici è una delle sfide della nostra professione. La comparsa di percorsi luminosi in città e di eventi culturali notturni, nonché la tendenza a girovagare per le strade, ha cambiato lo stato stesso della notte. Se in campagna la notte è fonte di calma e pienezza, la città offre diverse possibilità per “vivere la notte”. Una scalinata, una piazza importante, un asse principale che unisce il traffico stradale e quello pedonale saranno inclusi a livello globale, attraverso un gioco di grandi prospettive, e saranno gli allineamenti, le altezze delle luci, la quantità e la temperatura colore della luce ad esprimere l’urbanità del sito. A questo si aggiungono elementi esterni come il suono (il riverbero dei “rumori” della città), il colore dei materiali e tutto ciò che contribuisce a determinare uno specifico luogo, che creano insieme un’immagine complessiva che determina in noi l’insorgere di un’impressione.
Al contrario, in un centro urbano più piccolo in cui verrà letto ogni elemento della composizione notturna, la scelta di una specifica lanterna e il suo design diventeranno elementi forti e identitari del luogo. Abbiamo appena illuminato un centro città nella periferia parigina (Sucy en Brie), lavorando su due principi fondamentali: da un lato, una lanterna sospesa su una catenaria, che produce la luce desiderata sul terreno e rimarca la sua presenza attraverso il design, sia di giorno che di notte; dall’altro, microproiettori molto discreti, che focalizzano l’attenzione sui dettagli architettonici, elementi della cornice che caratterizzano le strade cittadine.
Una città accogliente è una città dove è piacevole fermarsi, incontrarsi e conoscersi. L’attenzione alla qualità dello spazio urbano può migliorare l’inclusività di una città incentivando la creazione di legami sociali e rafforzando il senso di appartenenza ad un territorio. Può anche l’illuminazione urbana migliorare l’attrattività di uno spazio urbano e avere un impatto sociale sulle comunità cittadine?
La città accogliente è un termine ricorrente, di cui tutti si appropriano senza sapere esattamente come realizzarla. La luce notturna ha un ruolo chiave in questa nozione, ha anche un forte impatto: grazie ad essa contribuiamo a rivelare spazi urbani o paesaggistici, architetture, elementi che formano la città. Ogni spazio ha la sua specificità, generalmente legata agli usi; sta a noi enfatizzare le sue qualità nell’approccio concettuale ai nostri progetti. Oggi l’organizzazione delle città si sta aprendo a un mix di usi, il tempo della città “separata e compartimentata” non ha più senso, in particolare a causa del cambiamento del ruolo delle automobili nello spazio pubblico. La luce può unire dove prima separava gli usi.
I cataloghi dei produttori, molto spesso sviluppati partendo dalle richieste dei progettisti dell’illuminazione, stanno diventando sempre più focalizzati sulla ricerca progettuale e ricchi di invenzioni legate alle nuove tecnologie. Consentono di fornire soluzioni in termini di estetica e comfort visivo (anche se c’è ancora molta strada da percorrere), con sviluppi nelle ottiche che permettono di soddisfare una gamma molto ampia di specificità in accordo alle esigenze del luogo da illuminare. L’illuminazione dello spazio pubblico è quindi solo una componente della percezione, si mescola con le luci multiple della città, la luce di negozi, abitazioni, insegne e pubblicità che contribuiscono a formare l’immagine complessiva di un luogo. Lasciamo ora questi spazi “commerciali” e focalizziamoci sulle altre aree, spesso dimenticate, dove le sfide sociali sono le più forti. Per illuminare una strada con abitazioni e senza negozi ci verrà chiesto di evitare di favorire l’aggregazione notturna. Per non ricevere lamentele da parte dei residenti locali, offriremo un’illuminazione più uniforme, piuttosto morbida e abbastanza contenuta. Ma come possiamo contemporaneamente soddisfare la domanda di una popolazione più giovane che vuole riunirsi in quartieri a volte dimenticati?
Grazie alle nuove tecnologie e agli strumenti di telecontrollo, possiamo privilegiare uno spazio meno impattante sulla tranquillità della città essendo più generosi con l’illuminazione. Possiamo anche programmare l’illuminazione tenendo conto dello scorrere del tempo, arrivando fino al completo spegnimento della luce in alcune zone. Sul piano illuminotecnico, siamo in grado di offrire equilibri tra spazi residenziali, spazi d’aggregazione, aree gioco e di passaggio, garantendo l’accesso e la separazione ai vari spazi della città. Il piano di illuminazione studiato per un determinato spazio dovrebbe consentire di scoprire i molteplici volti della città, superando i consueti limiti quotidiani.
L’integrazione della tecnologia IoT (Internet of Things) nei sistemi di illuminazione urbana può realmente migliorare la vivibilità di una città?
In questi tempi di pandemia stiamo assistendo a un’esplosione di legami sociali, senza contatto fisico, e se questo ci consente oggi di rompere parzialmente l’isolamento, ci mostra anche quanto ci manca il contatto reale. Se la città è un luogo di condivisione, dobbiamo innanzitutto favorire l’incontro e lo scambio. Se lo spazio pubblico è un luogo in cui tutti possono connettersi e isolarsi virtualmente, abbiamo sbagliato qualcosa.
La città connessa deve quindi essere attenta e offrire assistenza mirata per sviluppare la comprensione di un luogo, accogliere le persone nello spazio, ma soprattutto non creare una rottura con “l’altro”. Dovremo trovare il giusto equilibrio tra la facilità di affidarci alle nostre connessioni e il piacere di avvicinarci l’un l’altro in modo che le nostre città siano “piacevoli e vivaci”.
Se la città connessa, grazie all’illuminazione pubblica, consente di incontrarsi “proprio accanto alla panchina davanti al municipio, sotto il lampione che lampeggia 3 volte, solo per noi”, allora quella città sarà realmente in contatto con i suoi abitanti. Se riesco a condividere la lettura di una poesia o ad ascoltare un brano musicale con un significato in relazione al luogo in cui mi trovo, semplicemente collegando il mio smartphone al sistema di illuminazione pubblica, allora quella città sarà caratterizzata da un’intelligenza sensibile che darà valore aggiunto alla mia città.
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