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C’era una volta l’osteria…E c’è ancora

17 Novembre 2022

Emanuele Svetti progetta l’Osteria Moderna di Arezzo

 

Si chiama proprio Osteria Moderna il nuovo locale che ha aperto i battenti l’8 aprile 2021 all’uscita del casello di Arezzo: città di Vasari, Petrarca, Guido d’Arezzo e Piero della Francesca, gioiello immerso nel cuore della Toscana. Un luogo, che ha il sapore di un tempo antico e di una ritualità perduta, oggi ritorna di attualità e si rinnova attraverso un progetto di ristorazione firmato dall’architetto Emanuele Svetti di Studio Svetti Architecture. Un concept nato 5 anni fa, nello Studio di Architettura Toscano, che oggi vede finalmente la luce, come un segno di speranza: “le idee che dall’ombra trovano la luce” racconta l’Architetto.

Nel caso di Osteria Moderna, il colore è stato il punto di partenza, una tonalità cromatica cara alla città: l’amaranto, nella sua particolare tonalità di rosso, calda e avvolgente, che si palesa all’interno del locale in modalità “full-color”, con lo stesso impeto di un cuore intrepido.

Come accadeva in passato, anche all’Osteria Moderna, si viene accolti nell’area “mescita”, che oggi come allora funge da filtro tra chi desidera fermarsi per una breve pausa e chi invece è in cerca di un luogo dove potersi accomodare.

Come era tipico delle osterie, la zona ristorazione era nascosta all’occhio del passante, ma soprattutto divisa dall’area bar dove si giocava a carte e si beveva in compagnia. In questo caso, la zona caffetteria è il primo filtro, dotato di angoli snack per il consumatore “mordi e fuggi”.

Attraverso un sistema di setti metallici, realizzato su disegno dello studio, si accede quindi all’area ristorante, dove si può consumare un pasto in un’atmosfera elegante e rarefatta, caratterizzata dal colore uniforme dell’ambiente su cui si integrano, con un uso calibrato, quasi come incisi, elementi metallici ed inserti in cemento.

 

I materiali della memoria

A volte è bello stupirsi e lasciarsi inebriare da profumi esaltanti, sapori decisi e colori tipici” ed è su questo concetto che è stato pensato l’involucro del locale. Realizzato come fosse una superficie continua, il pavimento è in resina epossidica, con inserti realizzati in graniglia decorata e ad effetto terrazzo alla veneziana, che creano un mix materico-cromatico anticonvenzionale. Al centro della area ristorante un tappeto realizzato con cementine su disegno in tre tonalità di grigio crea un’inaspettata variante cromatica, ma anche un punto di attrazione all’interno dell’ambiente, grazie al contrasto deciso scelto dallo Studio.

I tavoli in metallo, dalle linee rigorosamente minimal accolgono un piano in cemento grigio levigato, a ricordo e rielaborazione dei vecchi arredi delle trattorie dove il legno ed il marmo la facevano spesso da padrone. Il loro dimensionamento e la variante di posizionamento, consentono un utilizzo poliedrico dell’ambiente, che a seconda delle evenienze può divenire una moderna sala banqueting, con tavoli conviviali, ed essere al contempo in linea con tutte le normative post-pandemiche che obblighino distanziamenti tra tavoli.

Completano il locale le quinte in cotto realizzate su disegno, la teatrale bottigliera in lamiera brunita, sfondo alla sala ristorante, e il bancone rivestito in vetro cannettato e argentato, incastonato su un telaio di metallo calamina. Le sedute imbottite che si distendono lungo una parete dell’area ristorante sono realizzate da un artigiano tappezziere su disegno dello Studio, mentre lungo le aree snack prevalgono, con le loro linee decise, gli sgabelli ArchiStool.

 

Giochi di ombre e di luci

Nel tempo ho compreso quanto luce e ombra siano i lati opposti della medesima cosa – dice l’Architetto – nel senso che il luogo illuminato dalla luce del sole viene sempre raggiunto dall’ombra, e così nei miei interni inserisco luce affinché questa venga sempre inseguita in qualche modo da ombre”. Questo “dialogo” tra ombra e luce vuol ricordare il romanticismo della luce rarefatta delle candele che si potevano trovare nei casali di campagna, un’illuminazione soft che ricorda quelle dei luoghi del tempo dove la luce era solo funzione con momenti di estremo valore estetico, grazie anche alla presenza di nuvole di fumo unite ai vapori eterei della cucina, spesso comunicante.

Il colore sotto questo punto di vista ha avuto una duplice funzione: quella di creare un ambiente più armonioso e, allo stesso tempo, di modulare la luce nelle varie fasi del giorno per dar spazio ad una penombra estremamente rilassante. Al contrario, la zona caffetteria risulta molto illuminata: la luce entra naturalmente dalle finestre che si aprono lungo i lati dell’edificio, mentre la sera viene sostituita da fasci di luce artificiale per un’illuminazione per nulla aggressiva ma soffusa e “riservata”.

Questa sorta di antitesi tra giorno e notte, attraverso il gioco di luci e ombre, generate dallo studio illuminotecnico degli ambienti, è parte del fascino evocativo del locale, in una sorta di rielaborazione della Toscanità, visibile anche nell’offerta gastronomica che propone un menù tradizionale toscano ben amalgamato a proposte gastronomiche di altre cucine.

 

Photo credits: Andrea Bartolozzi, Greta Costeri

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